PARODIA alla SESTINA

XXIVb

PROPIZIATORIA

Luigi V. Cerantola

Certo, venendo a noi dal fiume d’ombra
usonica/longinqua ai sette colli,
rivedrai tu, nome romano, l’erba
trascolorante nel latino verde
coprir gentile ogni più antica pietra
ad Italia ch’è madre e altera donna.

Conoscerai che la più bella donna
innanzi a tutte si diletta d’ombra
o sta seduta su marmorea pietra
parlando a te, mentre sui lievi colli
perduti in dissolvenze il molle verde
orma di sè lascia fiorente all’erba.

Onda che il tempo batte, udrai sull’erba
perdersi chiaro il canto d’una donna
piaciuta forse a Claudio Monteverde
ove più dolce a sera si fa l’ombra
iridescente e impallidendo i colli
cupa s’infosca l’antenorea pietra.

Andrai cercando la gloriosa pietra
cui vide nascer fiori e steli ed erba
tremante a primavera sopra i colli
rosei d’amore e morte quella donna
unica e pianta da colui che l’ombra
celebrò dopo aver goduto il verde.

Cheta sussurrerà poi l’acqua verde
ultrarmonie che mormora la pietra
rosa da li anni/secoli nell’ombra
tenera sì ma d’alighe, ma d’erba
che il seno morde alla sublime donna
ai veneti orizzonti in fiumi e colli.

Canterai dunque tu Venezia colli
inni venuti dall’Usonia verde
onde ti plauda ogni beata donna:
partorirà diamanti arida pietra,
petali rossi aprirà a sera l’erba,
ondando di profumi autunno l’ombra.

Cangia nel verde l’armonia pur l’ombra,
come dei colli a noi benigna è donna;
amico, a te la pietra infiori l’erba.

*Propiziatoria L’autore fa voti onde all’amico in acrostico, musico americano, venendo a Roma e poi nel Veneto, si disvelino ombre e fulgori di Laure petrarchesche e d’armonie monteverdiane.